“Ottuso come un mattone”

Per un individuo della mia generazione un mattone dovrebbe essere per definizione ottuso, ovvero sordo ad ogni stimolo. Così recita la traduzione alla lettera di “Thick as a brick” (= Ottuso come un mattone), titolo di un LP di un noto gruppo rock inglese dei primi anni settanta del secolo scorso. Questo titolo era ripreso da un tipico modo di dire britannico, la cui traduzione meno letterale equivale approssimativamente al nostro duro come il muro.
Eppure il mattone è tutt’altro che ottuso: isolato come reperto archeologico, o disperso nell’anonimato della massa muraria di un antico edificio, racconta a suo modo la storia della civiltà.
Il Museo possiede vari esemplari di laterizi, che attraversano la storia dall’epoca romana al Novecento. Si trovano nei boxes delle rispettive epoche.

 

“Ottuso come un mattone”

Procederemo in ordine cronologico: partendo dalla prima sezione della sala espositiva del Museo, troviamo i laterizi frutto di scavi archeologici compiuti a Parabiago.
I laterizi romani venivano realizzati, o cotti al sole, oppure in un apposito forno. Questi ultimi, chiamati coppi ed embrici, venivano utilizzati per la copertura degli edifici. Un frammento consistente di embrice lo potete trovare nella vetrina dedicata agli scavi romani. Lo spessore, tipico dei laterizi dell’epoca, era intorno ai 3-4cm., molto più di quello delle tegole attuali e molto meno di quello degli odierni laterizi per murature.
Questi manufatti erano utilizzati impropriamente anche per le inumazioni.

Con entrambi i tipi di laterizi venivano preparate le tombe alla cappuccina (Fig. 1), che consentivano il seppellimento della salma integra, mentre con i soli embrici venivano fabbricate le urne a cassetta (Fig. 2), che venivano utilizzate per contenere le ceneri.

Anche se a Parabiago gli scavi archeologici hanno rivelato che la quasi totalità delle inumazioni da incenerimento venivano conservate in anfore (una delle quali avrebbe consentito il ritrovamento della patera), sono comunque stati ritrovati esempi di entrambe le tipologie di inumazioni con laterizi (in particolare a S. Lorenzo).
Nel medioevo le costruzioni in laterizio, soprattutto fino al XIII secolo, erano poco diffuse e per altri due secoli non fu universalmente utilizzato. Dal punto di vista geografico, il laterizio era presente solo nelle pianure alluvionali, ricche di argilla, mentre dal punto di vista sociale, le abitazioni della gente comune, ma anche gran parte dei monasteri, dei palazzi e dei castelli, erano costruiti in legno, paglia e fango, ed eventualmente ciottoli. Il laterizio era riservato a pochi edifici significativi, quali chiese, cattedrali, monasteri importanti, qualche casa signorile e qualche castello. E’ per questo che il ritrovamento in Parabiago di tracce di più edifici in laterizio, da collocare cronologicamente direi intorno al XIV – XV secolo, testimonia come fosse un centro di una certa importanza (almeno nel tardo medioevo).
Erano senz’altro in laterizio alcuni edifici oggi scomparsi, dei quali si è fatto in tempo a salvaguardare in qualche modo la loro memoria, e in un caso, anche dei resti, che il museo fortunatamente custodisce.
Osserviamo anzitutto le caratteristiche del laterizio medievale: le dimensioni non sono mai le stesse, perché i laterizi sono fabbricati a mano in appositi stampi, anch’essi realizzati a mano.
Il laterizio medievale (fino al XII secolo) del quale si conservano alcuni esemplari al museo (in questo caso, non reperiti a Parabiago) è più spesso dei 5,5cm degli attuali laterizi, andava dai 7 ai 10cm, ed era decisamente più lungo: anche se alcuni esemplari si avvicinano agli attuali 25cm dei materiali odierni, ne sono stati trovati altri lunghi fino a 40cm. Ciò che cambia di poco, nei vari periodi, è la terza dimensione, che si aggira sempre intorno ai 12cm.; questo perché in tutte le epoche doveva consentire al muratore di poterlo afferrare agevolmente.
Una caratteristica curiosa sono le graffiature sulla superficie esterna di alcuni esemplari: le più antiche a spina di pesce, successivamente disposte in diagonale. Qualcuno osserverà che possono servire per agevolare la presa della malta, però troviamo queste graffiature anche su paramenti murari non destinati ad essere intonacati. Scartata quindi questa ipotesi, ne sono state avanzate delle altre e in base ad una di queste, tali graffiature sarebbero dovute al tentativo di imitare la lavorazione della pietra. Nelle aree geografiche in cui era diffuso l’impiego della pietra, infatti, il blocco parallelepipedo veniva regolarizzato sulle superfici esterne con colpi d’ascia ben assestati da abili maestranze; un colpo d’ascia che lasciava appunto delle tracce molto simili alle graffiature dei laterizi.
Ma Veniamo agli edifici medievali in laterizio di Parabiago: ancora negli anni trenta ne esisteva uno in Via S. Antonio, successivamente abbattuto. Al museo ne rimane un disegno dell’Ing. Sutermeister, realizzato prima della demolizione, che rappresenta un arco in laterizio con bardellone (Fig. n. 3). La struttura è databile tra XIII e XV secolo, in quanto, questo elemento tradizionale dell’architettura medievale lombarda persistette a lungo nella pratica costruttiva; inoltre, il Sutermeister nei suoi appunti lo assegna al Quattrocento e annota che ne esisteva un altro simile, sempre in Via S. Antonio.
Sopravvivono altri archi di questo tipo al Castello di Legnano (due sovrapposti), nell’ampliamento del XV secolo in corso Magenta (anche se un po rimaneggiati) e altri all’interno del Palazzo Leone da Perego (originali), e infine, anche a S. Vittore Olona, in Via Verdi. Fino a poco tempo fa se ne conservavano anche a Busto Garolfo, in Via Cadorna, ed in piazza Manzoni, a Nerviano: quest’ultimo apparteneva ad un fabbricato esterno del Monastero degli Olivetani, quindi, cronologicamente era da collocarsi con certezza alla fine del Medioevo.

Era in laterizi anche l’edificio conventuale che sorgeva in via Verdi a Parabiago: chiamato tradizionalmente Casa dei frati o Corte Rossa, anch’esso è stato abbattuto; restano solo un paio di fotografie d’epoca (Fig. n. 4), che sono custodite nell’archivio del Museo, e dei frammenti di cornice decorata, dei quali si conserva un esemplare nella sala espositiva del Museo (Fig. n. 5); mentre altri resti, sommariamente ricomposti, si trovano ancora dove sorgeva il fabbricato.
Come si può vedere dalla foto, alcune finestre e davanzali di questo edificio erano contornate da elaborate cornici in laterizio con lavorazioni in rilievo (nell’immagine è apprezzabile soprattutto il davanzale). Questa maniera di trattare il laterizio, con decorazioni anche molto elaborate, era molto diffusa in area lombarda e fu tipica della fine del medioevo.
La fotografia, inoltre, ci mostra che il portale presentava invece una lavorazione più semplice, consistente in laterizi sagomati ‘a toro’.

Frammenti consistenti di muratura, compreso un arco gotico grossolanamente lavorato, sono emersi durante recenti lavori edilizi nei pressi di Piazza Maggiolini a Parabiago.
Inoltre, nella stessa città, esiste un intero edificio tardomedievale in laterizio: si tratta della torre quattrocentesca visibile dal parco di Villa Corvini (Fig. n. 6). E’ un tipo di edificio molto comune in area lombarda, e ne esiste un altro, dal paramento murario non più leggibile, a Canegrate, in Via Cascinette. Entrambi presentano un altro modo di usare il laterizio: per scopi decorativi; infatti, anziché realizzare dei costosi pezzi speciali lavorati a rilievo, sono stati disposti dei mattoni sporgenti dal paramento murario, a formare semplici motivi geometrici dall’andamento triangolare.

Questi elementi testimoniano come nel XV secolo le dimensioni dei laterizi divennero più contenute, molto più simili a quelle dei laterizi attuali.

Con il passare del tempo le costruzioni in laterizio si fecero sempre più numerose, anche se, soprattutto quelle più povere, alternavano ai corsi di laterizio, quelli in ciottoli di fiume, delle volte quelli che venivano ritrovati durante il sommovimento della terra, prodotto dai lavori nei campi. Un esempio, tra i tanti, di questo tipo di muratura mista, è il muro di recinzione crollato qualche anno fa, che era ubicato nei pressi della torre medievale (Fig. n. 7). Ma se vi guardate intorno potrete ritrovare questo tipo di muratura praticamente ovunque.

Con lo sviluppo dell’impiego del laterizio, si assistette alla continuità della produzione locale, favorita anche dalla persistenza dei depositi argillosi del fiume Olona.
Progressivamente vennero introdotte nuove tecniche di produzione, più efficaci e nell’Ottocento si affermò il forno Hoffmann, che consentì di migliorare i tempi di lavorazione, grazie al calore sviluppato dal fuoco all’interno di una galleria anulare, nella quale vi si potevano depositare i materiali da lavorare.
La Fornace Rancilio, fondata da Giuseppe Rancilio nel 1929, fu l’ultima delle fornaci costruite in Valle Olona per poter sfruttare la vena argillosa del suo fiume.
Questo sito industriale è stato trasformato già da tempo in ristorante.
Il Museo conserva nel suo archivio una fotografia di gruppo della maestranze della fornace (Fig, n. 8).

PiErre

 

Alla prossima storia…